La lavorazione del legno

LAVORAZIONE DEL LEGNO di Franco Sale

La lavorazione del legno richiede tanta conoscenza e tanta passione, le cose fondamentali si acquisiscono col tempo e con tanta applicazione.

Per un’ottima lavorazione, la cosa essenziale  consiste il periodo del taglio.

Il legno prediletto per realizzare una buona maschera è l’ontano per la sua leggerezza e per la durezza una volta essiccata, con estrema certezza dico che il taglio si deve effettuare mentre la pianta dorme, quando ha maturato la sua consistenza che permette poi una lunga durata nel tempo, il periodo del taglio parte dalla luna piena di Agosto tassativamente calante, fino alla luna piena di gennaio, essendo una delle piante che germogliano prima in Sardegna, indebolendo la pianta nella sua resistenza, dopo questo periodo è sconsigliato il taglio per qualsiasi utilizzo.

Il mio primo impatto col legno è avvenuto circa trent’anni fa, e questo evento è nato per puro caso, in me è nata l’esigenza di realizzare la maschera che poi avrei indossato, quando vestivo da mamuthone, in precedenza ho sempre indossato la maschera realizzata da un altro artigiano falegname, ma durante le esibizioni mi accorgevo che la respirazione mi creava problemi, voglio dire che se regolavo la maschera per vedere bene, scompensavo la respirazione in quanto quando è stata realizzata non  avevano curato il rapporto occhio bocca, così mi trovavo a respirare in continuazione l’anidride carbonica che espellevo dai polmoni, questo mi creava tanta sudorazione facciale creando impedimento alla vista e tanta stanchezza in più, così da buon testardo mi sono promesso che sarei riuscito a realizzare una maschera da mamuthone che calzasse perfettamente sul viso.

L’intento era buono, ma non avevo nessuna esperienza di lavorazione, ne conoscevo il legno da utilizzare, ne sapevo da dove iniziare, ne tutte quelle nozioni che si acquisiscono solo col tempo,  così iniziai quest’avventura da puro autodidatta.

Contemporaneamente avevo iniziato a fare una ricerca storica sulla storia dei mamuthones, così in due diversi scritti avevo trovato che per realizzare una maschera si usava il pero selvatico.

Provai il legno di perastro, posso dire che è un legno durissimo, ma lo si può lavorare lo stesso, solo che ha un grande difetto, è un legno molto nodoso e contorto, non ha la fibra molto dritta, in prevalenza è un legno storto, tante volte sono andato in campagna per cercare qualche albero che potesse essere idoneo alla lavorazione, a forza di provarlo, mi ero accorto che la rigatura della corteccia non era dritta, ma si attorcigliava nel busto, così una volta tagliato l’albero mi rendevo conto che anche il legno girava su se stesso, questo fattore creava delle malformazioni.

Così riuscii a stabilire con certezza che il legno di perastro è un legno molto nodoso e ogni nodo creava una rosa di spaccature che danneggiavano il lavoro fatto, inoltre essendo un legno non lineare, dopo essere stato lavorato, il legno si stabilizzava deformando la figura creata, non l’ho usato più.

Avendo trovato in un altro scritto che in antichità, per realizzare la maschera da mamuthone, si sarebbe usato il legno di fico in quanto pianta sacra, mi procurai un tronco e iniziai a lavorarlo, durante le fasi dello scavo interno dovevo provare la maschera per vedere il legno che c’era da togliere, posso dire con certezza che è un legno morbidissimo, ma impossibile usare una maschera con questo legno, puzza troppo e non si può resistere ad un odore così nauseante, pertanto è una maschera che non si può indossare, così accantonai anche questa indicazione.

Col tempo per fare esperienza e scoprire la loro malleabilità provai tutti i tipi di legno presenti in Sardegna, la lavorazione richiede tanta conoscenza e tanta passione, le cose fondamentali si acquisiscono col tempo, soprattutto con tanti sbagli commessi.

Provai il pioppo sardo ed il salice,  legni molto agevoli per la lavorazione, e una volta essiccati erano anche molto leggeri, ma purtroppo quando davo il mordente e la vernice, si creava come una peluria e necessitava una continua scartavetratura per eliminare questo inconveniente, così non mi ispiravano fiducia e li mollai.

Più avanti provai il legno di ciliegio, molto malleabile, ma dopo lavorato si spaccava, provai il legno di noce, un bellissimo legno compatto, spettacolare per le sue venature, ma purtroppo nessuno taglia un albero da frutto per realizzare delle maschere, quando riesco a procurare qualche ramo lo lavoro volentieri.

Provai l’equaliptus, bello da lavorare, ma una volta realizzata la maschera, restava molto pesante, se capita lo lavorerò nuovamente.

Durante tutte queste prove, lavorai anche il legno di ontano, è il migliore in assoluto, si lascia scavare e finire con entusiasmo, una volta essiccato diventa molto duro e leggerissimo, da quando ho visto gli ottimi risultati non ho più cercato altri legni, anche perché credo sia impossibile trovarne un altro morbido e allo stesso tempo resistente.

Durante la mia esperienza rovinai tantissimi pezzi di legno, impiegai tanto tempo nei continui tentativi, ma col passare del tempo mi accorgevo che il legno si stava impossessando della mia persona, non conoscendo gli strumenti che compravo, mi caricavo di attrezzature che non erano professionali e che più tardi nel tempo archiviavo come inservibili.

A casa mi ero costruito un piccolo laboratorio, che poi è diventato il mio rifugio e li mettevo la mia anima nei pezzi di legno che lavoravo, un mio grande sbaglio e rimpianto è stato nel non conservare tutte le fasi di lavorazione che nel tempo avevo sbagliato, in tutto questo periodo ne ho rovinato tantissimi e tutti sono andati a finire in cenere nel caminetto, così ora mi accorgo che mi mancano quelle fasi che testimoniavano la mia crescita e la metamorfosi della lavorazione.

Sconsiglio la sua lavorazione almeno per due mesi dopo il taglio, in quanto l’acqua (o per meglio dire la linfa) che contiene la pianta creano una pattina negli strumenti, facendo perdere loro il filo del taglio, i tronchi durante i due mesi citati perdono un po’ d’acqua e questo facilita un buon lavoro.

Altra cosa importante dei legni da lavorare è nel saperli conservare in luogo buio e privo di aerazione e con un taglio del tronco di circa 80 cm di lunghezza mentre la larghezza dev’essere di almeno 30 cm, calcolando che quando si utilizzerà per lavorarlo si dovranno accorciare di circa 7 cm da un lato e dall’altro, poiché ai lati terminali col tempo si creano delle spaccature che ne impediscono una buona lavorazione, questo a sua volta andrà tagliato a metà per poi suddividere ogni parte in due, quindi si può iniziare la realizzazione della maschera partendo dalla parte frontale, abbassando di parecchi cm la parte frontale, in modo che ne fuori esca la parte più sporgente del viso, il naso, si procederà ricavando la parte degli occhi e della bocca, una volta ultimato il viso, si procederà allo scavo interno, man mano che si procede la parte del legno da rimuovere sarà sempre più fine, fino ad affinare sempre di più la maschera, provandola tantissime volte e segnando sempre le parti da rimuovere fino a renderla perfettamente aderente, procedendo sempre più con dolcezza quasi ad  accarezzare il legno che prende la forma della maschera, una volta ultimata  posso dire che è il viso che entra dentro la maschera e non viceversa, così la maschera vive una nuova vita e prende la sua anima.

Per realizzare una maschera, calcolando tutto il lavoro di intaglio e di scavo, la scartavetratura, l’applicazione del mordente e della vernice, le cinghie per bloccarla sul viso, mediamente impiego una giornata di lavoro.

Queste vengono realizzate di varia misura, di lunghezza e di larghezza, curo in modo particolare il rapporto occhio bocca, la respirazione e la visualità sono di estrema importanza per svolgere il nostro rituale, non trovo più nessuna difficoltà ad adattare una maschera ad ogni tipo di viso, questo perché la magia del legno si è impadronita di me.

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